Partecipazione

Quali processi di partecipazione attiva stanno emergendo in risposta alle trasformazioni sociali e culturali contemporanee? Quale nuova cittadinanza attiva anima questi processi partecipativi?
La maggior parte dei contenuti rinvenibili sul tema della partecipazione inizia mettendo in luce la difficoltà di definire il concetto a causa della sua natura da “termine ombrello”, che racchiude, cioè, diversi significati e diversi approcci. L’incipit di questo articolo non fa eccezione. Nelle righe che seguono, però, non si tenterà una ricostruzione semantica e una rassegna degli approcci, ma si metteranno a fuoco alcune domande sulla partecipazione a partire da uno specifico approccio al tema. Il progetto curatoriale, con i contributi che seguiranno, cercherà risposte a queste domande guardando a riflessioni teoriche e a pratiche che vanno oltre l’approccio di partenza.
La matrice di questo progetto curatoriale è l’approccio al tema della partecipazione che la Fondazione Compagnia di San Paolo sta praticando dal 2020 nell’ambito della Missione Favorire partecipazione attiva dell’Obiettivo Cultura. La Fondazione sostiene spazi, pratiche e processi di partecipazione civica, culturale, democratica e giovanile, interpretati come “fatti culturali” che favoriscono la nascita e l’evoluzione di cittadinanza attiva[1].
Molta letteratura studia gli intenti, le forme e gli esiti delle varie manifestazioni del binomio partecipazione – cittadinanza attiva, spaziando dai movimenti sociali alla co-programmazione di politiche pubbliche, ai nuovi modelli di organizzazione sociale. La Missione Favorire partecipazione attiva della Fondazione Compagnia di San Paolo guarda in particolare ai processi partecipativi attraverso cui la cittadinanza attiva cerca e costruisce spazi e opportunità per avere voce nella vita democratica del Paese e/o si impegna in azioni e attività di varia natura (collaborative, culturali ecc.) per migliorare i contesti sociali e territoriali. Si guarda dunque a quei processi in cui la partecipazione non è sinonimo di passivo coinvolgimento, ma è invece sinonimo di protagonismo, trasformazione ed esercizio di cittadinanza. In questo senso si usa l’espressione “partecipazione attiva” e in questa accezione i processi di partecipazione attiva possono essere generativi di capabilities (Sen, 1999) – capacità e opportunità – individuali e collettive, congiungendo il miglioramento delle condizioni di vita individuali e collettive, lo sviluppo umano e quello territoriale.
Partendo da tale approccio, questo progetto curatoriale si pone due domande. Quali processi di partecipazione attiva stanno emergendo in risposta alle trasformazioni sociali e culturali contemporanee? Quale nuova cittadinanza attiva anima questi processi partecipativi?
Nella ricerca di risposte è importante osservare le pratiche (buone e meno buone), ma è altrettanto importante partire dai temi caldi e dalle contraddizioni che il tema della partecipazione attiva porta con sè, soprattutto in anni recenti. Tra questi, per esempio, la questione della “istituzionalizzazione”. La partecipazione e la cittadinanza attiva sono passate dal vocabolario delle pratiche di “sviluppo alternativo” e dei movimenti politici e sociali al vocabolario delle politiche pubbliche europee, nazionali e locali. C’è chi legge positivamente questo passaggio, sostenendo che le politiche pubbliche possano diventare così più efficienti, più vicine alla realtà della vita delle persone e capaci di favorire la condivisione della conoscenza. C’è chi vi legge delle insidie e il rischio di processi partecipativi di maniera, di natura estrattiva e consultiva, che non redistribuiscono il potere decisionale, ma tendono a prevenire conflitti pericolosi per la stabilità politica. Inoltre, l’imposizione di processi di partecipazione attiva per l’accesso a risorse pubbliche, secondo alcuni potrebbe renderli dei rituali svuotati di significato, secondo altri, invece, queste imposizioni aiutano a radicare dei metodi di lavoro migliori dell’approccio top down.
Un’altra questione molto discussa è quella del pericolo di sostituzione del pubblico. Molti processi di partecipazione attiva nascono per sopperire alla mancanza di opportunità, risorse e servizi pubblici. Alcuni ritengono che sia un errore sostituirsi a ciò che dovrebbe essere garantito dagli enti pubblici. Altri ritengono prioritario dare risposte ad esigenze e carenze, sperando di indirizzare nel tempo anche le politiche pubbliche. Questo pericolo risulta più elevato nelle aree interne e montane dove, di frequente, i processi di partecipazione attiva puntano all’erogazione di servizi essenziali, alla creazione di lavoro ed economie (si pensi alle cooperative di comunità), per frenare le dinamiche di spopolamento.
Altro tema caldo è quello della curva della partecipazione attiva e dei suoi effetti. C’è chi ritiene che gli effetti di condivisione e di emancipazione determinati dalla partecipazione attiva siano a tempo determinato, c’è chi ne studia invece gli effetti a lungo termine sui luoghi e gli individui, sostenendo che sia rilevabile un effetto positivo di lungo termine.
In ultimo, il tema degli spazi di autodeterminazione, di formazione e di rappresentanza politica. In un panorama di evidente disaffezione alle forme più classiche di vita democratica, come dimostrano le percentuali preoccupanti di astensionismo, gli spazi e le pratiche di partecipazione attiva sembrano espressioni emergenti di nuovi modalità di partecipazione democratica, da osservare da vicino per comprendere più a fondo la contemporaneità.
I “temi caldi” e le questioni contraddittorie citate rappresentano solo una piccola parte di un dibattito pubblico in corso molto acceso sul tema della partecipazione attiva, ma bastano per far emergere la molteplicità dei punti di vista dai quali si può osservare il tema e, dunque, per anticipare alcune vie da seguire per cercare risposte alle domande-guida elaborate a partire dal campo di lavoro della Missione Favorire partecipazione attiva della Fondazione Compagnia di San Paolo. Nei contributi che seguiranno si continuerà ad indagare il nesso tra le trasformazioni sociali e culturali contemporanee, i processi partecipativi e le nuove forme di cittadinanza attiva.
[1] La definizione più condivisa di “cittadinanza attiva” è quella redatta da Giovanni Moro (2013, 2018), secondo la quale l’espressione si riferisce a variegate forme di azione collettiva per l’interesse generale come la tutela dei diritti, la cura di beni comuni materiali e immateriali, la promozione dell’empowerment di soggetti in condizioni di debolezza ed emarginazione.
Condividi
Altro da Partecipazione